Fonte: Centro de Medios Libres
Oaxaca de Juarez, 10 Giugno 2013. Nelle prime ore di venerdì 7 giugno, alle 02:40 del mattino, Alvaro Sebastian Ramirez, un membro de La Voz de los Xichés en Prisión e aderente alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, insieme ad Abraham García Ramírez, Agustín Luna Valencia, Eleuterio Hernández García, Fortino Enríquez Hernández, Justino Hernández José, noti come “I prigionieri Loxicha” stati violentemente spostati dal carcere di Ixcotel di Oaxaca su due autobus turistici e trasferiti, negando alle famiglie qualsiasi informazioni sulla loro destinazione.
Nelle ore successive le e i figli dei detenuti Loxicha hanno preteso informazioni sul luogo in cui i loro genitori si trovavano ed è stato detto loro che si trovanonella prigione di media sicurezza (CEFERESO 13) che si trova in Mengoli di Morelos, Miahuatlán di Porfirio Diaz. Questo carcere, recentemente inaugurato lo scorso 14 maggio, è stato dato in concessione all’iniziativa privata, vale a dire coloro che traggono profitto attraverso l’abuso dei diritti umani fondamentali dei detenuti e delle loro famiglie.
In effetti, giovedì 6 giugno, nei mezzi di comunicazione sono circolate denunce di altre famiglie di prigionieri recentemente trasferiti in questa prigione, che descrivono una situazione di terrorismo di stato. Queste denunce indicano che “tutti i prigionieri che sono trasferiti da altri penitenziari sono maltrattati, preso a calci nello stomaco e nei testicoli, indipendentemente dagli schiaffi così forti che li costringono a gridare gli slogan che gli comandano” (sic). Tutte le denunce concordano nell’indicare come responsabile il direttore del Cefereso, Ramiro Delgado, che è stato chiamato “il colpitore principale” e che è sempre accompagnato da un cane “per spaventare di più a chi ha avuto la sfortuna di arrivare in questo posto e cadere nelle loro mani”.
I parenti dei prigionieri Loxichas, dopo aver dovutoportare via dal carcere di Ixcotel tutti i beni e le cose dei propri cari accumulati negli ultimi 16 anni, hanno chiesto di poter visitare i loro prigionieri per vedere se si trovanoveramente nella prigione di Miahuatlán e per verificare la loro condizione fisica e psicologica. Sistematicamente gli si è negata la possibilità di entrare, anche dopo aver adempitoalla lunga lista di nuovi requisiti per le visite carcerarie. Per questo motivo le famiglie dei detenuti e coloro che simpatizzano con la loro situazione, hanno dichiarato che i sette prigionieri sono stati fatti sparire dallo statomessicano.
I sette indigeni zapotechi sono stati illegalmente imprigionati per 16 anni, accusati di crimini che non hanno commesso. Sono stati condannati tra i 23 e i 31 anni di carcere con l’accusa di omicidio, tentato omicidio, terrorismo e cospirazione, privazione illegale della libertà, rapina e aggressione aggravata, dopo essere stati costretti sotto tortura a firmare e mettere impronte digitalia più di un centinaio di pagine vuote, con l’obiettivo di farli auto-dichiarare come membri dell’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR) e di aver partecipato agli attacchi contro caserme militari e di polizia a Santa Cruz Huatulco, nel 1996. Durante il lungo processo legale è stato dimostrato con prove inconfutabili che questi crimini non sono stati commessi e si ritirarono tutte le accuse tranne quella di omicidio.
Il governo messicano nel corso degli anni ha creato una forte stigmatizzazione nei confronti dei prigionieri Loxicha, creando intenzionalmente uno stato di confusione difficile da districare.
Da un lato, sia l’apparato di (in)giustizia dello Stato come il suo apparato mediatico, hanno trattato i prigionieri Loxicha come “terroristi”, membri di una organizzazione rivoluzionaria armata, aspetto che è riconosciutonella Costituzione come “il reato di ribellione.” Anche se non sono mai stati accusati del reato di “ribellione” sono stati sempre trattati in tribunale e dai media come “ribelli”. È interessante notare che i prigionieri, sempre, dopo la tortura, hanno negato di essere stati parte di qualsiasi organizzazione armata.
Dall‘altra parte, anche se il Ministero Pubblico dice nell’ultima sentenza definitiva, che “la loro condotta costituisce crimini di ribellione”, non gli si è applicato l’articolo 137 del Codice Penale Federale, secondo cui “i ribelli non saranno responsabili di omicidi o lesioni inflitte durante un combattimento … “. Se il Pubblico Ministero li ritiene ribelli non può affermare contemporaneamente che sono assassini per le morti che hanno provocato in un combattimento.
A causa di questa mancanza di applicazione della legge, gli indigeni di Loxicha sono illegalmente imprigionati da 16 anni e ora sono stati trasferiti in un carcere di media sicurezza, ancora una volta trattati come “terroristi” da parte del terrorismo di stato. La loro famiglia e i loro compagni esigono vedere i prigionieri, che i diritti umani siano garantiti e che vengono rilasciati immediatamente.
TESTO: Veredas Autonomas.
TRADUZIONE: Nomads
http://www.megafono.lunasexta.org/node/1878