Prima Parte: parole del SupGaleano
Buongiorno Gotham City…
Mentre finite di fare le vostre foto lì nel padiglione, qui iniziamo la conferenza stampa.
Prendete posto per favore, in modo che iniziamo a breve e poi ve ne potete andare. Per favore, accomodatevi, compagni, compagne. Seduti.
Buongiorno Gotham City (questo è un saluto a un compagno che twitta così).
Quello che avete appena visto, in termini militari si chiama manovra diversiva, in termini comuni è magia. E ciò che ha richiesto pochi minuti, a qualcun altro è toccato farlo per vent’anni, perché riuscisse così.
Vorremmo iniziare, approfittando della presenza dei media liberi, autonomi, alternativi o come si chiamino, e di compagni della Sexta nazionale e internazionale, rendendovi grazie. E per rendervi grazie vi racconterò la storia di una morte.
Questo 25 agosto si compiranno 10 anni dalla morte del Tenente Insurgente Eleazar. Nel 2004, ma fin dal 2003, iniziò ad avere una malattia di quelle che compaiono solo nel Dr. House o cose così, che si chiama Guillain-Barré, che consiste nel deterioramento progressivo di tutto il sistema vitale fino alla morte. Non ha cura, bisogna tenere in vita il malato artificialmente, collegato.
Iniziò ad ammalarsi e lo portarono a Tuxtla Gutiérrez in un ospedale. Lì gli diagnosticarono questa malattia e iniziarono a dirgli che sarebbe stato meglio che se ne andasse, che non era grave; sebbene quando mi dissero che malattia era sapessi di che si trattava; ma i medici, vedendolo indigeno, sapevano che non avrebbe potuto pagare il trattamento. In realtà è un trattamento di sopravvivenza, non c’è cura possibile.
Mh… vediamo se si riesce a intrufolare i miliziani all’ombra, se no lì cuoceranno vivi, diamine…
La benda è perché pensiate che ho un occhio di vetro, ma no. Io e le mie maledette trovate, ora me la devo tenere addosso.
Ebbene, quella malattia… in Chiapas, e mi immagino anche nel resto del paese, la posizione rispetto al paziente è che il medico calcoli se possa pagare o no il trattamento. Se non lo può pagare, sempre secondo i suoi calcoli, allora gli si dice che non ha nulla o gli si danno dei placebo perché pensi che si curerà, e lo si manda a morire a casa sua.
Noi dicemmo di no. Iniziammo a spendere il fondo di guerra o fondo di resistenza, finché non fu più sufficiente. Allora facemmo appello, sto parlando del 2003 quando ancora ci amava un certo settore dell’intellettualità artistica, per chiedere un sostegno per poter continuare a mantenere in vita questo compagno. Risero di noi, ovvero: gli indigeni si possono ammalare di vaiolo, morbillo, di tifoidea, di tutte queste cose, ma non di un’infermità tanto aristocratica, diciamo, giacché colpisce sono uno su un milione, come la malattia di Guillain-Barré.
Quando non potemmo più mantenerlo, portammo il Tenente Eleazar a Oventic e lì, con le strumentazioni che riuscimmo a trovare, lo mantenemmo in vita, finché un 25 agosto di 10 anni fa morì.
Dieci anni dopo, con la disgrazia dell’omicidio del compagno Galeano, per mano dei paramilitari della CIOAC-Histórica sono state distrutte la scuola e la clinica che erano autonome, ossia erano degli zapatisti di qui de La Realidad.
E per la ricostruzione non siamo andati a cercare l’appoggio di quella gente, ma siamo ricorsi alla gente di sotto, ai nostri compagni, compagne e compagnei della Sexta nazionale e internazionale.
Il compagno Subcomandante Insurgente Moisés, qui presente, con il Comandante Tacho, insieme alle autorità zapatiste di La Realidad, ha fatto un calcolo del materiale necessario, insieme ai compagni che sanno di costruzioni, e ha calcolato 209 mila pesos e rotti. Il calcolo che noi facevamo è: bene, dunque siamo alla frutta, raschiando il fondo del barile forse si arriverà alla metà e un’altra metà la possiamo tirare fuori dal fondo di resistenza o chiediamo supporto agli altri Caracoles.
La storia di quel che poi successe la conoscete perché voi siete i protagonisti. E con “voi” mi riferisco non solo a quelli che sono qui, ma anche a coloro che attraverso di voi vengono a sapere quel che sta succedendo qui, ossia i nostri compagni, compagne e compagnei della Sexta in tutto il mondo.
Avete quintuplicato in eccesso, ormai l’ultimo conto dà il quintuplo rispetto a quella richiesta di appoggio. Noi vorremmo rendervi grazie per questo, perché mai prima d’ora l’EZLN aveva ricevuto tanto sostegno e questo sostegno è stato superiore a quel che avete. Perché noi sappiamo che i compagni della Sexta non ci hanno dato quel che gli avanzava, ma ciò che gli mancava. Abbiamo letto nei vostri media liberi, nei vostri tuitter e i vostri feisbuc, storie che ci riempiono di orgoglio.
Sappiamo che in molti avete dovuto battagliare perfino per mettere insieme i soldi per venire fino a qua, avete perfino raschiato il fondo per mettervi qualcosa sotto i denti, o per cambiarvi –stavo per dire calzoni- quello che usate, ma comunque sia avete fatto lo sforzo per ottenere questo e mostrare cos’è l’appoggio tra compagni e non l’elemosina che viene da sopra.
Quindi la prima cosa che voglio che diciate ai compagni e alle compagne di tutto il mondo, nelle vostre lingue, idiomi, modi, tempi e geografie, è grazie, davvero. Avete dato una bella lezione, non solo a quella gente che là sopra ripartisce elemosine, ai governi che abdicano ai loro doveri e per di più promuovono la distruzione, ma avete anche dato a noi, gli zapatisti, una bella lezione, la più bella che abbiamo ricevuto negli ultimi anni da quando è uscita la Sesta Dichiarazione.
Il senso di questa conferenza stampa era assolvere a un dovere. Originariamente questa conferenza stampa avrebbe dovuto tenersi a Oventic, quando ci sarebbe stata la condivisione con i popoli indigeni, e poi avrebbe dovuto essere al momento del funerale del compagno Galeano, ovverosia l’omaggio. E si trattava essenzialmente delle ultime parole o del congedo del Subcomandante Marcos e delle prime parole del Subcomandante Insurgente, ora Galeano, ma che allora si sarebbe dovuto chiamare in altro modo.
Ed è importante quello che vi sto dicendo, quello che avrebbe dovuto essere, ossia come era stato pensato, per proporvi un’altra possibile lettura di quel che è stato l’omaggio a Galeano e questo transito tra la morte e la vita che è stata la scomparsa della buonanima del Subcomandante Insurgente Marcos, che ora il diavolo gli sta torcendo le narici, proprio così, bel tomo, a ciascuno il suo. Questo era sarcasmo, non so se si è…riesco ancora a distinguere queste cose.
Guardate, compagni, per capire ciò che è accaduto all’alba del 25 maggio bisogna capire quel che era successo prima, quel che sarebbe stato. Ho letto e ascoltato interpretazioni più o meno documentate, la maggior parte delle quali completamente strampalate, su ciò che ha significato quell’alba del 25 maggio. Altre più ingegnose, come per esempio che tutto era un trucco per eludere la pensione familiare (pensione ottenibile sommando i contributi dei coniugi, N.d.T.) o la paternità.
Ma la maggior parte prescindeva da tutto ciò che era successo; per esempio, la si mise che gli zapatisti dicevano che i media prezzolati non esistono, che ora erano il nemico, che era un’azione contro i media prezzolati, etc. Ma se avete un po’ di memoria, nell’invito originario l’evento era aperto a tutti, quando era a Oventic. Vuol dire che sarebbero entrati anche i media prezzolati.
Quello che sarebbe successo allora è che Marcos sarebbe morto e si sarebbe congedato dai media prezzolati, per spiegare come li vedevamo allora, a ringraziarli di tutto. E si sarebbe diretto e presentato ai media liberi, alternativi, autonomi o come si chiamino. Voglio dire con questo che una possibile lettura, magari non la più documentata, dell’alba del 25 maggio 2014, è che l’EZLN sta cambiando interlocutore, ed è per questo che vi ho raccontato la storia del defunto Tenente Insurgente di Fanteria Eleazar, veterano di guerra, che combatté, nel 1994.
Sì, noi zapatisti non solo non abbiamo detto che i media prezzolati non esistono, scemenza che qualcuno ha detto; ma aggiungiamo che ciò che sta succedendo con i media prezzolati è un’altra cosa, che non ha a che vedere con noi e ha a che vedere con l’avanzata del capitalismo a livello mondiale.
I media prezzolati hanno presentato qualcosa che è meraviglioso all’interno del capitalismo, perché è una delle poche volte in cui vediamo che il capitalismo converte in merce la non produzione. Si presume che il lavoro dei media di comunicazione sia produrre informazione, farla circolare in modo che sia consumata dai suoi diversi pubblici o ricettori, mentre il capitalismo ha ottenuto che i media guadagnino per non produrre, ovvero per non informare.
Quel che è successo negli ultimi anni è che, con l’avanzare dei mezzi di comunicazione di massa non in possesso privato, ossia che sono contesi o in lite, o che sono quasi terreno di lotta come internet, la stampa tradizionale è andata via via perdendo potere, potere di diffusione e ovviamente capacità di comunicazione.
Ho qui con me alcuni dati e citerò l’autore perché chiede che ogni volta che si usano i suoi dati lo si citi, autore che è Francisco Vidal Bonifaz, il quale fa un‘analisi della tiratura dei principali giornali in Messico (nota: probabilmente chi parla si riferisce al libro “I padroni del quarto potere“, Editorial Planeta, nel quale l’autore Francisco Vidal Bonifaz fa un’analisi esaustiva della stampa in Messico. In questo libro e nel blog “la ruota della fortuna“ – ruedadelafortuna.wordpress.com -, si possono trovare questi dati così come le tirature di ogni pubblicazione, lo status economico e il livello d’istruzione dei suoi lettori, etc. Il libro e il blog sono raccomandabili a chiunque volesse conoscere più a fondo quanto si riferisce alla stampa messicana. Nota cortesia de “Los Tercios Compas”).I principali giornali in Messico, secondo questa specie di provincialismo inverso tipico dei chilangos (abitanti di Città del Messico, N.d.T.), considerano giornali nazionali quelli che si producono nel DF, sebbene la tiratura di quelli di provincia sia maggiore.
Nel 1994 si tiravano, a volte in senso più che figurato, più di un milione di esemplari tra i principali giornali. Nel 2007 la produzione era caduta a 800.000 e anche il numero di lettori era diminuito scandalosamente. In un modo o nell’altro il giornalismo d’inchiesta e quello di analisi, che è il terreno che avrebbe permesso ai media prezzolati di competere con l’informazione istantanea che è possibile attraverso internet, furono abbandonati e lasciati ai margini.
Sui media prezzolati – in realtà non è un insulto, è una realtà, è un mezzo che vive a pagamento, no? – qualcuno dice:“no, è che quello che passa dai mezzi prezzolati si sente molto forte, di brutto, meglio che usiate i mezzi commerciali“. Si sente peggio un media commerciale che un media a pagamento.
I giornali non vivono della circolazione, ossia della vendita del loro materiale, vivono della pubblicità. Quindi per vendere la pubblicità hanno bisogno di dimostrare, a chi comprerà pubblicità, a chi si stanno indirizzando e quali sono i loro lettori. Per esempio, si dice –questi sono i dati fino al 2008 perché poi tutti i giornali hanno chiuso l’accesso alle informazioni su loro stessi-, El Universal e Reforma arrivavano quasi al 70% di tutta la pubblicità che si paga a Città del Messico, e il restante 30% se lo contendevano gli altri giornali.
Pertanto ogni giornale ha un profilo, diciamo, del proprio lettore, una classe alla quale si dirige, il suo livello di istruzione, e così via, e così si presenta a chi compra la propaganda. Vale a dire, se io sono El Despertator Mexicano e il mio principale consumatore sono indigeni, ebbene allora vendo a El Huarache Veloz (catena di ristorazione, N.d.T.) uno spazio pubblicitario perchè venda huaraches o pozol (antipasto e bevanda tipici messicani, N.d.T.), o quel che sia.
Nientemeno, tutti i giornali stampati, compresi quelli che si dicono di sinistra, presentano nella loro analisi il profilo del loro lettore, e tutti, assolutamente tutti, hanno tra il 60% e il 70% dei loro lettori nelle classi con alto potere di acquisto. Gli unici che riconoscono che i propri lettori sono di basso potere di acquisto e di basso livello d’istruzione sono Esto, Ovaciones e La Prensa. Tutti gli altri giornali si rivolgono alla classe alta, diciamo, o a quelli di sopra. E‘ evidente che questa classe con maggior potere di acquisto può accedere all’informazione in forma più istantanea. Perché aspettare per vedere cosa succederà, o cosa sta succedono in un’altra parte del mondo; cosa esce a fare il giornale, se in questo istante posso sapere cosa sta succedendo a Gaza, per esempio? Perché aspetterò il notiziario o di leggere se posso vederlo comunque?
Non c’è partita perché la supervelocità di quei mezzi di comunicazione fa che le esclusive o le primizie di una notizia sfumino dinanzi alla competizione di questa velocità. Pertanto tutti questi media, inclusi i progressisti, stanno combattendo per il rating, ossia per quel pubblico di classe medio-alta e alta, e poi c’è un’altra classe che è ricchissima, che è più in là di tutto, e io credo che siano coloro che producono l’informazione.
I media a pagamento hanno solo due opzioni per sopravvivere, perché sono a pagamento. Uno: contrattano la propria sopravvivenza con chi ancora può pagare, ossia la classe politica, che fa i propri affari e la propria propaganda ma in un altro senso; se vedete le tariffe che applica ogni giornale per inserzioni a tutta pagina, mezza pagina, tre quarti, fino ad arrivare al modulo, come lo chiamano, che è il più piccolo, c’è una tariffa speciale per pubblicazioni non commerciali, che sono le governative, e un’altra tariffa per le notizie in breve, che sono per esempio le interviste, che nessuno capisce che ci facciano in un giornale, perché a nessuno interessa cosa dica certa gente, però paga. Le tariffe più alte sono le non commerciali, ossia quelle che paga il governo, e le notizie in breve, le inserzioni pagate mascherate da informazione.
L’altra opzione che avevano era sviluppare il giornalismo di inchiesta e di analisi che internet non offriva. Non lo offriva fino a che non sono apparsi spazi come quelli ai quali oggi ci riferiamo come media liberi, autonomi, alternativi (a questo punto dirò eccetera, altrimenti ci passo la vita intera).
Quel che si sarebbe potuto fare è che, di ciò che sta accadendo con l’informazione che fluisce così tumultuosamente, si facesse un’analisi, una dissezione, si tirassero le somme e si indagasse cosa c’è dietro, ad esempio, alla politica del governo israeliano a Gaza o alla politica di Manuel Velazco in Chiapas, o lo stesso in qualsiasi altra parte.
Nessuno con un minimo di criterio informa attraverso i giornali su ciò che sta accadendo. Voi siete un cattivo esempio perché voi non siete la classe media-alta né la classe alta, se lo foste non sareste qui. Ossia la ciurma, la banda dice: “no, cioè, voglio sapere cosa sta succedendo in Chiapas, leggerò la profonda analisi giornalistica di inchiesta di Elio Enriquez“… nessuno lo fa.
Nessuno dice: “cosa sta succedendo a Gaza? Leggerò Laura Bozzo perchè mi dica come stanno le cose“. No, questo terreno è stato completamente abbandonato, ma in cambio è attraverso le pagine e i blog che si sta recuperando terreno.
Questo languido scomparire o retrocedere dei media prezzolati non è responsabilità dell’EZLN, e ovviamente nemmeno della buonanima del SubMarcos. E‘ responsabilità dello sviluppo del capitalismo e di questa difficoltà ad adattarsi. I media a pagamento dovranno evolversi e convertirsi in media di intrattenimento, ovvero: se non ti posso informare quantomeno divertiti con me.
Per quanto riguarda il giornalismo di analisi e inchiesta, qualsiasi reporter che sia onesto, di un media prezzolato, ti può dire: “no, il fatto è che questo non me lo pubblicano“; e il giornale guadagna di più a non pubblicare questo tipo di articoli che a pubblicarli.
Questo è quel che vi dicevo del fatto che la non produzione si converte in una merce, in questo caso il silenzio. Se un giornalista mediamente decente e con un minimo di etica facesse un’inchiesta sull’implicazione dei governi statali di Salazar Mendiguchía, Juan Sabines Guerrero e Manuel Velazco con la CIOAC-Histórica, verrebbe fuori che c’è molto denaro che si sta muovendo da quelle parti, compreso quello che ripartisce la signora Robles della campagna nazionale contro la fame.
Però si vende meglio il non pubblicare il tale articolo che il pubblicarlo, perché chi lo leggerà, lo leggeranno i nemici di questi notabili della patria? Al contrario, tacendo, o meglio ancora parlando di quanto sta venendo bene la capitale Tuxla Gutiérrez con le opere urbanistiche che stanno facendo Toledo, che è il presidente municipale, e Manuel Velazco, sì che si vende, anche se è pura menzogna. Noi controlliamo i twitter dei giornalisti, sono giornalisti a pagamento, lavorano, cioè, per media prezzolati, ma stanno informando di tutto questo, dell’immagine di guerra che presenta la capitale del Chiapas a causa di queste opere completamente anacronistiche e assurde che si stanno facendo.
Ma per esempio, venisse gente da Veracruz, io credo che direbbe: “Ebbene, il fatto è che noi per sapere quel che sta accadendo a Veracruz leggiamo l’Heraldo de Xalapa – sempre che esista”. Direbbe: “Non rompere Sub, perché continui se questi non c’entrano niente”.
Pertanto il problema che abbiamo tutti nel mondo è: se nei mezzi di comunicazione non ci sono più, se mai ci sono state, né l’informazione, né l’analisi, né l’inchiesta, allora dove le troveremo? C’è quindi un vuoto nello spazio mediatico che viene conteso.
Ciò che si trattava parimenti di segnalare in quel congedo è che i mezzi che tanto si vantavano di creare personaggi, si vantavano ad esempio di aver creato loro Marcos, sebbene fin da allora si siano sforzati di creare personaggi, non solo non riescono a costruire un personaggio internazionale, ma nemmeno uno nazionale come Lòpez Obrador, sebbene li si paghi.
Non si può. Ora i personaggi che sono sorti, che hanno commosso o mosso in qualche misura l’informazione a livello nazionale, non provengono dai media, ma piuttosto sono nonostante questi.
Non so se lo dirò bene, ma Giulian Assange, che con la rivelazione di tutti i documenti dimostrò ai mezzi di comunicazione a livello mondiale che non stavano informando su ciò che stava accadendo, si converte in un referente. Sebbene sia parte di un collettivo, i media lavorano su di lui. C’è persino un film su di lui come personaggio, anche se tutti sappiamo che è un collettivo.
La signora Chelsea Manning, che si è fatta un’operazione per essere ora Chelsea Manning, e Snowden, non hanno fatto che rivelare quel che è occulto e quel che avrebbe dovuto essere lavoro dei mezzi di comunicazione rivelare. Ma quelli che realmente hanno messo scompiglio nel mondo dell’informazione sono collettivi nei quali l’individuo è completamente diluito, come Anonymous, di cui ora si dice: “E‘ che di Anonymous non si sa nulla, non si mostrano”. La qual cosa è assurda poiché se sono anonimi perché mai gli dovremmo chiedere che si mostrino.
Insomma, quel che noi abbiamo visto è che l’anonimato del collettivo è ciò che sta venendo a supplire e a mettere in crisi questo affanno mediatico di quelli di sopra di incontrare individualità e personalità.
Noi pensiamo che ha molto a che vedere con la formazione dei media. Se nei media prezzolati c’è una struttura che invidierebbe qualsiasi esercito quanto a verticalità, autoritarismo e arbitrarietà, per quanto riguarda un media collettivo, media alternativo, libero, autonomo, eccetera, vige un’altra forma di lavoro e un altro modo di fare.
Diciamo che nei media prezzolati importa di più chi ha prodotto l’informazione. Se voi riguardate le notizie uscite sui media prezzolati al compimento dei 20 anni della sollevazione, nel gennaio di quest’anno, la maggior parte delle notizie sono di ciò che i giornalisti fecero 20 anni prima e non di quel che è accaduto:“io ho intervistato Marcos“, “io ho fatto la tale intervista“, “io sono stato il primo a entrare“, “io ho scritto il primo libro“. Che pena che in vent’anni non abbiamo fatto altro che ricordarsi. Però su di loro pesa questo criterio: l’esclusiva. Non sapete quanto importi a un giornalista e cosa lo porti a fare, e faccia, ottenere un’esclusiva. Il fatto di poter avere l’esclusiva dell’ultima intervista di Marcos o la prima di Galeano vale, costa, anche se non si pubblica, perché, come vi sto spiegando, anche tacere è una merce e si può vendere. Al contrario mi piace pensare che nei collettivi dei quali fate parte voi e altri che non sono potuti venire, la maniera di lavorare fa in modo che pesi più l’informazione che chi la produce. Certo, ci sono alcuni che devono ancora imparare a redigere, ma la grande maggioranza rivaleggia in ingegno, in analisi, in profondità e in indagine su quel che sta accadendo.
Quello che noi vediamo, in questo casino che è il modo capitalista, è dove troviamo l’informazione. Se ce ne andiamo in Internet e googleiamo, come si dice ora, Gaza, possiamo trovare che i palestinesi sono degli assassini che si stanno immolando solo per distruggere moralmente l’esercito israeliano, o il contrario. Si può trovare qualsiasi cosa. Dove troverai l’informazione di ciò che sta realmente accadendo? L’ideale sarebbe che i palestinesi ci dicessero quello che sta accadendo, non attraverso di altri.
In questo caso, per esempio, noi diciamo: non sarebbe meglio sapere cosa stanno dicendo gli zapatisti? Meglio rispetto a che qualcuno ci dica quel che lui crede che avrebbero dovuto dire, che non è nemmeno quel che credono che abbiamo detto, è quel che dobbiamo aver detto.
Come dire che nel testo della luce e dell’ombra, Marcos dice che non scriverà più e quindi Galeano non potrà scrivere, anche se non si sono accorti che quando tutti si sono congedati il gatto-cane resta. Ci sono molte cose che si possono capire da lì, ma ora non importa.
Quel che noi vogliamo segnalare è che la miglior informazione è quella che viene dall’attore e non da chi sta coprendo la notizia. Chi può fare questo sono i media liberi, autonomi e alternativi. Quello che vi sto dicendo compagni, compagne e compagnei è una tendenza, non è qualcosa che succederà ora, ovvero non pavoneggiatevi come a dire:“ora sì che siamo la créme e il mondo dipende da noi”.
E‘ una tendenza che noi vediamo con questa maledizione che abbiamo di vedere le cose prima che accadano. Vediamo che i media prezzolati, come mezzi di informazioni, sono in franca decadenza, non per loro colpa, ma per aver abbracciato una classe politica che anch’essa va in decadenza per sopravvivere, e questo si capisce.
Noi non questioniamo che qualcuno lavori per un media e di questo viva. Pensiamo piuttosto che la dignità e la decenza abbia un limite e che ci sono limiti che si stanno ormai sorpassando, ma questo è un problema di ciascuno. Noi non lo giudicheremo. Quello che vediamo è che il problema in un media prezzolato è la sopravvivenza, quindi la loro sopravvivenza sta su una strada che non stanno seguendo, perché stanno inseguendo di più l’immediatezza.
A lungo termine il media prezzolato, come qualsiasi cosa che compri e consumi, scomparirà. Perché compri il giornale se puoi consultare la rete? Allo stesso modo non vai a cercare lì l’informazione, non vai a cercare l’analisi di quello che sta accadendo.
Quindi noi diciamo che, se volessimo sapere cosa sta accadendo in Michoacán, l’ideale sarebbe che quelli di Michoacán ci dicessero quello che sta accadendo. Noi pensiamo che se la gente dalle altre parti del mondo e del paese vuole sapere cosa sta accadendo con gli zapatisti, ci sia quanto meno uno spazio dal quale possano saperlo.
Voglio dire con questo che noi non vogliamo militanti a tal fine, militanti della comunicazione zapatista, per quello c’è la maledetta idea dei terzi media. Noi vogliamo orecchie, ossia che la gente che vuole sapere venga a conoscenza di qualcosa di verace, o di un’analisi profonda o di una inchiesta reale, prendendo in considerazione quanto è importante una notizia o un’informazione, e non chi la produce.
Noi vediamo che a lungo termine i media liberi, autonomi, alternativi, riempiranno o possono riempire – non sappiamo se lo faranno – possono riempire quel vuoto che si sta producendo ora nello scambio di informazioni a livello globale. Internet non lo riempie, sebbene lo crediate, su internet puoi trovare quello che vuoi, se sei a favore di qualcosa trovi argomenti a favore, se sei contro qualcosa trovi gli argomenti contrari.
C’è bisogno quindi che questa informazione abbia uno spazio dove si sistemi, che sia leggibile. Ed è, noi diciamo a grandi linee e tendenzialmente, lo spazio che copriranno i media di comunicazione alternativi, autonomi, liberi, o come si chiamano.
E questo è ciò che vi avremmo voluto dire a Oventic: che non avete una fottuta idea dell’impegno che vi ricade addosso. Non è che noi vi ammorbiamo sul fatto che ora veniate a La Realidad, che ora andiate al tal posto e lì vanno i media terzi, o i quinti, che sia, i quinti no, ho pensato, ma è un gioco di parole, quindi meglio che gli abbiamo messo il nome di terzi media (nota: è evidente che chi parla è colpito dall’essere guercio, perché in realtà avrebbe dovuto dire “i terzi compagni” e non “i terzi media“, e gli mandiamo subito un’energica protesta affinché la pubblichi nello stesso spazio e con la stessa importanza del suo strafalcione. Nota cortesia di “Los Tercios Compas”).
No, quel che ve ne viene è la speranza di molta gente. Noi non nutriamo speranza nei vostri confronti, abbiamo fiducia in voi, non soltanto voi che siete qui, ma anche per ciò che siete, la tendenza che possiate coprire questo spazio.
Il problema che noi vediamo è quello che dei soldi, ora sì. I media autonomi, liberi, tutto questo, si sostengono…la maggior parte delle volte succede che quelli che ne entrano a far parte cooperano ma hanno altri impegni, quindi il media autonomo, libero, alternativo, è come i terzi media (nota: strafalcione e proteste reiterate. Cordialmente “Los Tercios Compas”), ossia funziona in base alle possibilità perché bisogna sbattersi, bisogna stare al passo per poter ottenere i soldi. Oppure durano finché dura il grano, e quando finisce il grano il media scompare. E può anche essere che duri, magari non succede così, quando il calendario impone la sua logica ai componenti, cioè, quando crescono e maturano, come dicono là sopra, e la smettono con le pazzie e le ribellioni.
Pensiamo quindi che avete questo problema e lo dovete risolvere in qualche modo, non so come. Io vedo che su alcune pagine già compaiono cose come consigli per scendere di peso, su come non invecchiare, sul ferro per stirare la pelle, non so come lo dite, lifting, quelle robe che si mettono, cose così ed esoterismo e vaffanculo. Si, magari chi vede questo media alternativo non fa caso a queste cose e vi entrano due soldi. Alcuni fanno così, ma pure perché vi diano questo voi dovete dimostrare che qualcuno entra nella vostra pagina, qualcuno oltre a voi.
Noi scherzavamo molti anni fa con quelli che si incaricavano della pagina prima di tutto questo, che dicevano: “no, è che il tale comunicato ha avuto tante visite“. Gli dicevo: “bugia, siamo noi che siamo lì a fare clic, clic, clic, clic, invece no“.
Non so, è la stessa cosa che vi ha portato a lavorare in collettivo, a parte che che molti fanno artigianato urbano, o non so come si chiami, che producono e così via; forse allo stesso modo, collettivamente, potete trovare la maniera affinché il media non decada, si mantenga e cresca. Non vi resta altra possibilità, compagni, mi spiace di darvi questa informazione, però o crescete scomparirete. Compresi quelli che sporadicamente tirano fuori informazioni; vi rimane solo questa possibilità perché anche tra di voi inizia a esserci questo sviluppo. Magari questa disparità di sviluppo si deve alla profondità dell’analisi, alla capacità dell’inchiesta, o quel che sia, e non perché alcuni abbiano risolto il problema dei soldi e altri no. Fateci caso, perché c’è molta gente che sta aspettando da voi più di quanto voi vi immaginiate.
Riassumendo. I media prezzolati esistono, sono reali, hanno la loro importanza, questa importanza sta diminuendo tendenzialmente e quel che ha fatto l’EZLN è cambiare radicalmente la sua politica sui media. Non vogliamo parlare con quelli di sopra, a proposito di questo vi spiegherà di più il Subcomandante Moisés nella sessione di domande e risposte, che consiste nel fatto che i media zapatisti fanno le domande e voi date le risposte e non il contrario.
Quindi quello che ha fatto l’EZLN è dire: non ci interessano più coloro a cui era necessario rivolgersi attraverso Durito, il Vecchio Antonio, ovvero della stampa prezzolata, bensì ora ci interessa la gente che capisce il fatto stesso di un gatto-cane; questo riconoscimento della differenza e il riconoscere che ci sono cose che non capiamo, ma non perché non le capiamo le giudicheremo o le condanneremo – come un gatto-cane che esiste, non lo crederete ma esiste, è reale.
Quello che ci interessa è parlare con voi, è ascoltarvi, e con questo voglio dire anche la gente che attraverso di voi ci ascolta e che attraverso di voi parla con noi. Se noi volessimo sapere che cosa sta succedendo nel tal luogo, noi prima cercheremmo sui media liberi alternativi, nei quali l’informazione è poca ma anche se poca è molto meglio di quella di qualsiasi media prezzolato, nei quali oltretutto bisogna iscriversi con carta di credito per poter leggere i Laura Bozzo che ci sono da tutte le parti.
Cos’è accaduto allora che ha alterato questo piano di congedo, ossia di dire ai media prezzolati “grazie per ciò che…”, sebbene la maggior parte di loro siano stati, loro malgrado, complici involontari di ciò che è stato, di ciò che avete visto poco fa: una manovra diversiva o un atto di magia, e avvertirvi del fatto che ora sì che la maledizione vi arriva addosso.
La maggior parte di voi è giovane. Noi pensiamo che la ribellione non abbia e non dovrebbe avere a che vedere con il calendario, perché noi vediamo gente che ora che ha l’età non ha comunque giudizio perché…(incomprensibile), ma continuano a essere ribelli. E noi abbiamo la speranza che voi continuate, anche se non sarete proprio voi, forse alcuni si dividono il lavoro, “allora voi a cercare i soldi e noi a questo, facciamo a turno o qualcosa del genere“, ma non abbandonatelo quell’impegno, è davvero importante.
Cos’è accaduto? Perché se voi prendete in considerazione questo piano originario rispetto al quale sarebbero entrati tutti i media prezzolati, pensate che si manteneva ancora due settimane prima, quindici giorni prima che si dicesse no, non entreranno all’omaggio a Galeano.
Quel che è accaduto è stata una morte. Su questo fatto ho letto solo, non dico che non esista, un articolo di John Gibler, che risulta andare in questo senso. Lui raccontava di aver detto a qualcuno come era stato l’omaggio a Galeano e questa persona con cui parlava gli diceva: “ma tutto questo solo per un morto?“, e lui cercava di dire che un morto, insomma cercò di spiegare meglio che poteva. E noi vogliamo dirvi quanto è importante per noi un morto.
Se noi lasciamo passare una morte ne lasciamo passare due, se ne lasciamo passare due saranno dieci, poi cento, poi mille, poi decine di migliaia come nella guerra che fece Calderón contro il presunto narcotraffico: si lasciò passare una morte e poi se ne lasciarono passare decine di migliaia. Noi no. Moriremo sì di morti naturali o di morti giuste, cioè lottando, ma non permetteremo che nessuno dei nostri compagni e compagne e compagnei sia assassinato impunemente, non lo permetteremo e metteremo in moto tutte le forze anche se si trattasse di uno solo, o il più ignorato, o il più disprezzato, il più sconosciuto.
E la rabbia che sentivamo rispetto a Galeano è dovuta al fatto che questo questo compagno Galeano era colui che si incaricava di ricevere questi della stampa prezzolata, caricava i loro zaini, li portava con i suoi cavalli fino a dove facevano le interviste o i loro reportage, li riceveva nella sua casa e dava loro da mangiare. A questi che hanno ignorato e disprezzato la sua morte, e hanno innalzato i paramilitari come fossero eroi, vittime di un’arbitrarietà, suvvia, e quando arrivavano nemmeno si prendevano il disturbo di chiedergli alcunché, anche se per vent‘anni lui si incaricò di riceverli, e con alcuni di loro fece persino scommesse di calcio quando c’erano i mondiali.
Noi ci aspettavamo una reazione, da qualcuno con cui hai una relazione così, ma non sapevano nemmeno chi fosse. Loro venivano a intervistare Marcos, loro venivano a vedere Marcos, loro vedevano che il cavallo, che l’arma, che quello che ha letto, sebbene la buonanima di Marcos sapeva che libri aveva letto. Vedevano tutte queste cose e non importava chi fosse colui che li stava ricevendo.
Magari comprendiamo che non gli importasse perché era un indigeno, che per giunta non aveva nemmeno volto, tuttavia gli dava da mangiare, gli caricava le cose, li aiutava con il cavallo, li accompagnava, gli diceva da dove passare, da cosa bisognava guardarsi e così via. Comprendiamo che non gli importasse ma a noi sì che importa, Galeano e tutti e ciascuno degli zapatisti. Abbiamo fatto questo casino e continueremo ogni volta a fare casino, perché non permetteremo nessuna morte, non ne accadrà una sola che resti impunita, perciò abbiamo cambiato tutto, e nella rabbia che sentivamo accadde che il Subcomandante Moisés, che è chi comanda ora su questo, ha detto non entra nessuno della stampa, e non entrò nessuno della stampa prezzolata sebbene originariamente sarebbero dovuto entrare tutti.
Lì in quella stanza c’è stato il cadavere del compagno Galeano; c’è un video dove c’è il cadavere, sono circondati e ci sono i compagni che recriminano con quelli della CIOAC per la morte di Galeano. Non li hanno toccati, compagni; io, che si suppone sia un essere controllato eccetera, quantomeno gli avrei dato uno spintone: niente, gli gridano contro ma non li toccano. Da qualsiasi altra parte li avrebbero linciati sul posto perché erano corresponsabili di quella morte e lì stava il cadavere. Lì arrivammo noi. Noi eravamo ad Oventic a preparare, io stavo saggiando una sedia a rotelle; qui quel giorno entrai a cavallo, lì sarei entrato su una sedia a rotelle per alimentare la diceria che fossi molto malato, molto fottuto, e alla fine mi sarei alzato perché mi dolevano le ginocchia dall’esercitazione.
Quando lo abbiamo saputo siamo venuti qua e abbiamo visto, e guardate quel che non uscì sulla stampa e ne uscirà: uno di qui, uscendo di qui, l’altro di lì, l’altro di lì, l’altro di lì, l’altro di lì, sono quelli che erano nella zuffa e venivano qui alla porta del Caracol a burlarsi dei compagni che stavano qui rinchiusi perché non li aggredissero, lì come siete ora voi, stavano loro.
E si facevano beffe di come ballava, dicevano del defunto, con le mazzate che gli stavano dando; si facevano beffe di come gli hanno sparato, di come lo hanno preso a colpi di machete, e tutte quelle cose che abbiamo pubblicato nell’inchiesta perché sono dolori nostri. Il Subcomandante Insurgente Moisés ha ormai terminato l’inchiesta, ma non verrà resa pubblica per evitare la vendetta. La si consegnerà al Frayba con i nomi eccetera, perché ormai sappiamo chi è stato. Eravamo in questa situazione, compagni, e non potevamo rispondervi nemmeno minimamente perché era una prateria secca, e con niente, una scintillina, si sarebbe incendiato tutto, e qui sarebbe stato un pandemonio di sangue. Abbiamo sopportato e sopportato ma questa rabbia non l’abbiamo slegata. Non l’abbiamo slegata ancora.
Allora la risposta, John Gibler, è: per gli zapatisti una morte ingiusta è troppo e per questo siamo disposti a tutto.
Questa conduzione dei media impone una logica inumana, assurda, fuori luogo in tutto il mondo. Guardate, per esempio i bambini e le bambine in Palestina: hanno dimostrato una grande pazienza nel morire, perché muore uno e non gli fanno caso, e continuano a sommare cadaveri finché prima i grandi mezzi comunicazione si voltino a vedere, e continuano a morire perché esca l’immagine. E continuano a morire perché l’immagine sia vista e devono morire in una forma scandalosa, indignante, perché la gente di sopra inizi a dire:“ sentite, no, cosa stiamo facendo lì?”, ossia per fare qualcosa. A noi zapatisti sorprende ogni volta di più quanto poco di umano ci sia nell’umanità di sopra. Perché è necessario tanto sangue affinché dicano qualcosa? E poi viene fuori che sfumano la loro posizione: “sì, ammazzateli, ma non mostratelo perché ci mette in evidenza”.
Robert Fisk, che scrive su The Independent, della Gran Bretagna, diceva in altro modo quello che stiamo dicendo adesso: il fatto è che i grandi mezzi di comunicazione sono in crisi perché la gente che li legge – che è la classe alta, con alto poter di acquisto e ben informata, dicono – , è indignata perché i mezzi di comunicazione la trattano da idiota, cercando di presentare il massacro che avviene a Gaza come fosse uno scontro o come se la colpa fosse di Hamas. La gente si sente insultata, non è perché hanno i soldi che siano stupidi, alcuni sì che lo sono, ma in genere sono intelligenti e si sentono insultati, e lo riconosceva in un articolo, diceva: “è che siamo in crisi, la gente non ci crede più, non ci prende sul serio, e per di più reclama”. Da altre parti questo succede da anni, come qui in Messico. Tutto ciò che sta succedendo in Palestina, di cui nessuno parla, di questa pazienza mortale dell’infanzia palestinese, noi diciamo che è responsabilità del governo di Israele. Noi differenziamo sempre i governi dai popoli, sappiamo che c’è una tendenza naturale, anche se in altre occasioni abbiamo detto che il problema non è sionismo o antisemitismo, come continuano a dire le grandi teste pronunciando stupidaggini in grande stile.
Noi non possiamo dire che, poiché il governo di Israele è assassino, che il popolo di Israele sia assassino, perché allora direbbero che il popolo messicano è idiota perché il governo messicano è idiota, e noi, quanto meno, non siamo idioti. C’è gente in Israele, non sappiamo quanta, nobile, cosciente, onesta, e non ha bisogno di essere di sinistra, perché la condanna per ciò che sta accadendo in Palestina non ha a che vedere con la posizione politica, ha a che vedere con la decenza umana: nessuno può vedere quel massacro e dire che non sta accadendo nulla o che è colpa di un altro.
Quel che vi sto spiegando sulla crisi dei media prezzolati e l’emergere dei media liberi, alternativi o autonomi è una tendenza nella quale, nel lungo cammino dei media liberi o autonomi, vi accadranno cose: io non vorrei dirvelo, ma bisogna dirvelo.
C’è gente che si demoralizzerà, dicono i compagni, che è quando si arrende qualcuno, quando lascia il suo lavoro, la lotta, dicono che si è demoralizzato, che ha lasciato la lotta.
Gente a cui i media prezzolati diranno così: vieni dalla nostra parte – a mangiare merda, disse un subdirettore di un giornale, ma ti pagheranno per mangiare merda -, sia perché scrive bene, perché fa buone analisi o perché inquadra bene la foto, il video o quel che sia.
E alcuni se ne andranno, altri vi tradiranno, diranno: “no, non ce n’è, quel testo non è veritiero, lo hai inventato”, e così via. E altri che zoppicheranno. La claudicazione è una parola che i compagni capiscono bene, che vuol dire che sei lungo una strada e dici: ”ah no, sempre no, di qui no, meglio che vada altrove”. Quasi sempre in questo caso la questione ha a che fare non con il lasciare un impegno poiché a volte uno deve lavorare per vivere, ma con il lasciare una posizione rispetto all’utilizzo dell’informazione, in questo caso dei media liberi, autonomi, alternativi.
Uno dei problemi che avrete è quello dei soldi, ossia dovrete sopravvivere. Sopravvivenza. Questo è il vostro problema, non solo come media ma anche come essere umani: non dovete ancora mangiare? Anche se alcuni ormai stanno superando il problema, tuttavia…
Ciò che inoltre vogliamo sappiate, e attraverso di voi altri media liberi, è che noi vi riconosciamo questo sforzo e sacrificio. Sappiamo che è una cazzata venire fin qua per chi ha i soli, ma per chi non ce li ha è qualcosa di eroico. Noi ve lo riconosciamo, vi conosciamo, lo sappiamo e vi salutiamo. Tenete per certo che se c’è qualcuno che prende in considerazione quel che fate, siamo noi. Dove cercheremo l’informazione? Sui media prezzolati? No. Nelle reti sociali? Nemmeno. Nell’instabile e increspato mare della rete? Ti dico che nemmeno lì puoi trovare quel che cerchi.
Dunque c’è un vuoto su dove stia l’informazione. Il mezzo che usate ora è anche il vostro limite, arrivate a più gente ma è anche un limite perché la gente che non ha internet a media velocità, io li sfido a scaricare ora una vostra pagina, diamine, va a finire che succede un’altra guerra, un’altra sollevazione e arriviamo a vincere la guerra e non ha ancora finito di scaricare. Ci dovrebbe essere una versione più leggera o qualcosa del genere, da smartfon o roba simile. Ma la maggior parte dei vostri interlocutori o di quelli che dovrebbero essere i vostri interlocutori non lo sa usare, ma questo può cambiare. Noi diciamo che in questi tempi il mezzo principale di comunicazione è l’ascolto, per questo noi ci riferiamo a voi come gli ‘ascolta’. C’è gente, lo dicevo a Moi, che ha bisogno di parlare, non gli importa che non lo stiano ad ascoltare, deve parlare di qualsiasi cosa. Ma c’è gente che si preoccupa che l’ascoltiate, e affinché la ascoltiate sta scommettendo perché questo messaggio e questa parola arrivino più lontano.
La preoccupazione dei compagni e compagne del CNI che avete visto, è che portavano l’incarico che li ascoltaste. A differenza dell’Altra Campagna. Io mi ricordo di quegli incubi multipli, del divano collettivo del “flagellatevi, noi andiamo”, che è stato l’Altra Campagna, dove chiunque diceva quello che gli veniva in mente, non gli importava se lo stavano ascoltando oppure no, se lo stavano capendo oppure no, il gusto stava nel cavarsi, come si dice, la voglia. Per di più era gratis, immaginati quanto spenderesti dallo psicanalista o dallo psichiatra o come si dice ora.
Quindi non si tratta di altro che di avvisarvi che il mezzo è anche il limite e che bisogna ricercare. La fonte diretta appare ora come la principale, e noi diciamo: i popoli originari sono gli specialisti dell’ascolto. In verità vi sto avvertendo di ciò che verrà con il festival mondiale della ribellione e della resistenza, ossia è un’esortazione che non diventi il cartellone delle riunioni de La Otra, le assemblee preparatorie eccetera, perché questi compagni e compagne dei popoli originari sono specialisti nell’arte dell’ascolto, nella comunicazione per eccellenza.
Il fatto che chi in questo momento è l’attore, o sta soffrendo, o sta esercitando un’azione, ti dica come la vede, non impedisce che ci sia un’analisi. E’ quel che tu mi dici, ma io vedo questo e quest’altro. E’ cioè il lavoro dell’informatore.
E noi vediamo anche in questo utilizzo dei media, a partire dalla disgrazia della morte di Galeano, che anche nei media c’è questa differenza tra elemosina e il sostegno. Se i mezzi di comunicazioni prezzolati ti danno attenzione devi ringraziare, e qualcosa che non perdonano agli zapatisti, “non solo vi porgiamo la mano”, direbbero, “ma ci mordete la mano che vi aiuta”. Noi non vogliamo fare indigestione, sputiamo sulla mano, perché anche l’attenzione dei media è un’elemosina. Al contrario, per i media liberi, alternativi, autonomi, eccetera, non è una elemosina. E’ un dovere a cui stanno assolvendo, e lo fanno nonostante tutte le difficoltà che hanno, ed è il caso in cui diciamo “un media compagno”. So già che Tacho vi ha fatto a pezzi, e per questo che abbiamo tirato fuori il fatto dei ‘terzi compagni’ (nota: ora sì che chi parla ha detto giusto. Cordialmente “Los Tercios Compas”).
Ma questa è la differenza tra un media prezzolato e un media compagno. Non è che uno abbia i soldi, o guadagni, o no. La differenza sta nel fatto che per alcuni siamo una merce, sia che parlino di noi sia che non parlino; e per altri, come i vostri e come ce ne sono migliaia in tutto il mondo, siamo uno spazio di lotta.
Nell’evento di ieri che era aperto alla stampa, sono venuti solo tre giornalisti, anzi quattro: uno era dei tre visconti che hanno calunniato la morte di Galeano, e non è entrato. Gli altri tre erano uno di Proceso, uno che lavora nella stampa alla frontiera sud e un’altra che lavora con Aristegui. Fino ad ora avevo citato solo quello di Proceso, ma non è venuto nessun altro media, non so se è una cosa tipo “Paquita la del barrio” (nome d’arte di Francisca Viveros Barradas, cantante messicana, N.d.T.), per dispetto, ma sia come sia.
Oh quanti morti, poiché non era un evento dell’EZLN, era del CNI, oh quanti morti deve avere il CNI perché si voltino a guardare. “Molti”, diranno i media, “perché diventi una merce, e poi per vedere se vendiamo menzionandoti o vendiamo non menzionandoti”. La differenza per noi è che l’appoggio che si dà al compagno non pone condizioni perché sa che è davvero parte della stessa lotta.
Quindi, quello che noi vediamo in questo panorama caotico che vi sto presentando è che con l’ultra velocità e l’indigestione, l’eterogeneità delle informazioni, è paradossale che il miglior livello o il livello supremo di comunicazione sia la condivisione, questo livello diretto.
I compagni hanno scoperto qualcosa che voi avete scoperto nel vostro lavoro, che è il potere dell’ascolto. Se non è possibile che tutti stiamo ascoltando, allora serve qualcuno che afferri questa parola e la scagli indietro, come diciamo noi, ossia ai popoli, che è ciò che fanno gli “ascolta”. E in una maniera o nell’altra è quel che fate voi.
Ma siccome (secondo noi, già lo sapete, noi che non sappiamo nulla di mezzi di comunicazione) il livello supremo ora è la condivisione, coloro che lo usano meglio sono proprio coloro che bisogna ascoltare. Mi risulta che i popoli originari sono tosti in questo, quanto a pazienza, ma ve ne parlerà di più il Subcomandante Moisés.
Questo è quanto volevo dirvi. Compagni e compagne, non ci saranno domande perché mi risulta che in 20 anni mi avete ormai domandato tutto quello che mi dovevate domandare e credo di aver ricevuto un certificato di impunità per non rispondere nulla; ma questa ve la dovevamo.
Lo avremmo fatto comunque in quell’alba, ma siccome ora mi avete come terzo media (nota: mh… quello che parla non impara. Los Tercios Compas!) e stavo controllando che vi stavano piratando tutto, abbiamo detto no, meglio che vi lanciate perché non è giusto quello che stanno facendo i media prezzolati, perché non è stato soltanto un furto ma una sottrazione per disprezzo. O sia, me lo piglio e non dico di chi è perché a chi importa quel fottuto tuit o quella fottuta pagina che nessuno vede.
Era il reclamo, secondo quanto ci raccontano, che facevano i grandi mezzi di comunicazione che arrivarono a San Cristóbal: “quel Marcos è pazzo, come fa a scegliere gente che non ha nemmeno dieci visite nella sua pagina – quindi cliccate di più (incomprensibile), arrivate a 100 -, e non noi che abbiamo milioni di lettori”.
Quindi ve la dovevamo, compagni, ecco. Galeano non resterà in silenzio; a volte parlerà Tacho, a volte Moisés, a volte Galeano, a volte qualcun altro, il gatto-cane, o chissà. L’importante qui è che: uno, è cambiato l’interlocutore. Due, l’importante è la tendenza che noi vediamo nella vostra comparsa come media liberi, autonomi, alternativi, eccetera.
Il fatto è che abbiamo creato i terzi media (nota: argh! L-o-s T-e-r-c-i-o-s C-o-m-p-a-s!) perché non dobbiate farvi questo sbattimento di venire fin qua per mandarvi i materiali.
Non solo riconosciamo e diamo valore al vostro lavoro, soprattutto riconosciamo e diamo valore al sacrificio e allo sforzo che fate per voltarvi a vedere da questa parte.
Perciò, specialmente a voi, e in generale a tutti i compagni della Sesta, grazie.
E’ tutto Gotham City. (nota: chi parla ha voluto imitare la voce del supervillano, Mr Bane, però non gli è riuscito).
Fine dell’intervento del SupGaleano.
(Trascrizione dell’audio originale a carico de “Los Tercios Compas”. Sì, protestando e un po’ incazzati per gli strafalcioni, ma non importa, così è la storia, bisogna sopportare).
Copyleft: “los tercios compas” 12 agosto 2014. E’ consentita la riproduzione senza ricorrere all’autoerotismo, la circolazione underground e il consumo in modalità “impantanatevi che c’è fango”.