23 agosto 2013
Questa notte, nell’Ejido Puebla del Municipio di Chenalho nel Los Altos del Chiapas e vicino alla comunitá di Acteal, ci sono state nuove manifestazione di violenza da parte di evangelici contro i cattolici tra cui si trovano basi di appoggio dell’EZLN, aderenti alla Società Civile Las Abejas e semplici simpatizzanti dell’EZLN.
Come già noto grazie alle tempestive traduzioni di Annamaria di Maribel, mercoledì di questa settimana, il parroco di Chenalho era stato sequestrato e, per tutta la giornata, sottoposto a torture. Gli ultimi avvenimenti, nella notte tra giovedi e venerdì.
Una ventina di famiglie cattoliche sono state fatte oggetto di sassate contro le loro case, urla, insulti e minacce di morte se insistevano a rimanere nell’ejido. Alcune famiglie terrorizzate sono uscite di casa precipitosamente, durante la notte, in cerca di un rifugio fuori dall’ejido. Due giovani si sono perduti nell’oscurità. Per tutta la giornata di venerdì erano dati per dispersi ma poi, in serata, sono stati ritrovati salvi a San Cristobal. Altre famiglie fuggite hanno trovato un rifugio di fortuna in attesa dell’arrivo di soccorsi. Una dozzina di famiglie sono rimaste nelle loro case ma in mattinata hanno lanciato un appello per essere aiutate a lasciare l’ejido. Alcuni di loro sono riusciti a raggiungere il Frayba a San Cristobal e dal Frayba, in tutta fretta, è stata organizzata una carovana di auto, furgoni, camionette per portar fuori dall’ejido le famiglie rimaste sotto la minaccia degli evangelici. Dieci mezzi, completamente vuoti e con a bordo il solo guidatore in modo che si potesse soccorrere il maggior numero di sfollati, sono partiti da San Cristobal verso le 13. Il viaggio verso l’Ejido Puebla è stato molto lungo passando per Tenejapa per aggirare il blocco stradale organizzato dai paramilitari. Una volta che la caravana è arrivata nei pressi dell’Ejido, alcuni carovanieri hanno preso contatto con alcune delle famiglie minacciate. Queste si sono immediatamente riunite per decidere se sfollare o rimanere nelle proprie case. Alla fine hanno deciso di resistere, costi quello che costi, nelle loro case, sfidando le minacce e le violenze continue per tentare di impedire che i paramilitari rubino tutte le loro povere cose e brucino le loro case.
La situazione nell’ejido Puebla Municipio di Chenalho è la diretta conseguenza della liberazione dei paramilitari responsabili del massacro di Acteal.
Nella notte del 22 dicembre del 1997, un gruppo di paramilitari armati e addestrati dall’esercito messicano che occupava il territorio chiapaneco per distruggere i municipi autonomi zapatisti, massacrarono 45 tra uomini, donne e bambini. Gli uccisi erano tutti aderenti alla Società Civile Las Abejas e si erano riuniti a pregare nella loro piccola hermita (chiesetta) per invocare la pace. I paramilitari li massacrarono per vendicarsi che la comunità di Acteal aveva ospitato e aiutato centinaia di sfollati zapatisti in fuga dalle violenze dell’esercito e degli stessi paramilitari. Dopo il massacro la reazione della società civile messicana e mondiale costrinse le autorità messicane ad arrestare i responsabili materiali. Molti confessarono e più di cento furono condannati e incarcerati; in realtà un numero di molto inferiore a quello che avevano partecipato veramente al massacro. Poco dopo la società civile ha cominciato a chiedere il castigo anche dei responsabili intellettuali: il governo federale, le alte cariche dell’esercito che armava, addestrava e coordinava i paramilitari, il governo locale. La risposta del governo è stata immediata: una campagna per la liberazione e “l’indennizzo” dei paramilitari massacratori. Poco a poco vennero liberati quasi tutti e il governo ha pure regalato loro terre e case. Insomma un premio per aver fatto il lavoro sporco che l’esercito non voleva fare. Due leader del gruppo paramilitare responsabile del massacro di Acteal erano proprio originari dell’Ejido Puebla. La loro liberazione e il loro ritorno all’Ejido ha coinciso con la ripresa delle violenze contro gli zapatisti e i filozapatisti.
Più di un mese fa gli evangelici paramilitari avevano accusato due famiglie zapatiste di aver avvelenato l’acqua. Li hanno picchiati, torturati e incarcerati. Oltre a loro hanno torturato e incarcerato un evangelico che si era permesso di difenderli visto che le accuse di avvelenamento erano palesemente false. Quando il personale del Centro dei Diritti Umani Fra Bartolomé de Las Casas (Frayba) ha chiesto di far analizzare l’acqua per accertarsi della fondatezza dell’avvelenamento, le autorità evengeliche si sono rifiutate e anzi li hanno malamente cacciati. Dopo alcuni giorni, durante i quali il governo locale ha mostrato simpatia e particolari riguardi verso gli evangelici, i tre sono stati liberati ma le violenze sono subito riprese.
Alcune famiglie, sotto violenza, sono state cacciate dalle loro case. Una casa vicino alla chiesetta cattolica è stata bruciata. Quando il Frayba ha organizzato una carovana per riportare gli sfollati alle loro case nell’Ejido, un folto gruppo di evangelici, diretti dai paramilitari, hanno respinto la carovana a sassate. La carovana era accompagnata, a distanza, dalla polizia ma questi hanno fatto finta di niente. Il giorno dopo altri poliziotti hanno fatto finta di tentare di “ristabilire l’ordine” avvicinandosi all’ejido per poi subito ritirarsi.
L’altro ieri il parroco di Chenalho, accompagnato da 3 funzionari del governo locale, si sono presentati alle autorità evangeliche dell’ejido per tentare di stabilire un accordo ma sono stati subito aggrediti e sequestrati. Il parroco è stato picchiato, rinchiuso per ore nella latrina. Poi è stato portato davanti alla folla legato e fatto oggetto di insulti, volgarità e minacce di essere denudato, cosparso di benzina e poi bruciato. Alla fine spaventato, umiliato e spossato per le torture è stato costretto a firmare un documento dove rinunciava alla ricostruzione di una chiesetta dentro l’ejido.
Ieri sera altre violenze dove, questa volta, le vittime erano abitanti di una comunità vicina, neppure appartenenti all’ejido.
E si arriva a quest’ultima notte di incubo vissuta dagli zapatisti e filozapatisti dell’Ejido Puebla e che ha fatto partire la richiesta di essere aiutati a sfollare. Richiesta che questa sera veniva ritirata da parte delle stesse vittime decise a resistere contro le prepotenze e le violenze dei filogovernativi.
Ma chi sono gli evangelici? Perché questo livello di violenza contro i cattolici? E’ davvero un conflitto a carattere religioso? Perché i paramilitari nella zona de Los Altos del Chiapas sono tutti evangelici?
Sulla diffusione degli evangelici nello stato del Chiapas e il loro conflitto contro i cattolici ci sono molte spiegazioni, quasi tutte abbastanza fondate. Una di queste è che la diffusione delle chiese evangeliche è stata particolarmente favorita, negli anni 70 e 80, dalle chiese evangeliche statunitensi nel quadro di una chiara politica di colonizzazione culturale del territorio. Dopo l’insurrezione zapatista del 1994, tonnellate di dollari sono arrivati in Chiapas, dagli Stati Uniti, destinati alle chiese evangeliche locali che predicano l’obbedienza alle autorità e considerano una bestemmia la ribellione alle autorità statali che sono considerate come un progetto divino. Un aspetto della loro teologia è quella che, in ultima istanza, è Dio che sceglie il politico che arriva a conquistare la poltrona del governo; ciò sia a livello federale, statale e locale. Nei suoi volantini, il gruppo evangelico paramilitare Ejercito de Dio – Alas de Aguila, oltre a insultare regolarmente il subcomandante insurgente Marcos, la figura del vescovo Samuel Ruiz e tutti gli zapatisti, giurano fedeltà cieca e riconoscienza al presidente della repubblica e al governatore del Chiapas di turno con un linguaggio che ricorda quello dei nostri squadristi in camicia nera nei riguardi del loro duce. Tra i cattolici invece è molto diffusa la teologia della liberazione. La propria fede viene vissuta come un impegno a organizzarsi e realizzare il “regno” della giustizia e del riscatto su questa terra, in questa vita, senza aspettare il giudizio universale.
Un altro aspetto interessante è quello che molti paramilitari non hanno terre: le hanno vendute quando, prima del 1994, la riforma della Costituzione Messicana consentiva di vendere le terre degli ejidos, permettendo di rompere il regime di proprietà collettiva istituita dalla rivoluzione messicana di Emiliano Zapata e Francisco Villa. Le violenze e le espulsioni dalle terre degli ejidos rimasti sono quindi anche un sistema per riappropriarsi della terra di chi la lavora per poi metterla ancora sul mercato del privato e delle multinazionali. Inoltre essere leader o pastore evangelico nel Los Altos del Chiapas corrisponde spesso ad esercitare un vero e proprio potere locale che si sostituisce anche a quello ufficiale che naturalmente risponde compiacente. Si danno concessioni a esercitare il commercio, si organizzano le feste locali, si controlla il trasporto pubblico. Una vera miniera d’oro per i leader evangelici e in perfetta sintonia con il sistema di sfruttamento capitalista.
Tra gli zapatisti ci sono cattolici, evangelici e non credenti. Nessun conflitto religioso ha ragione di nascere tra i base di appoggio dell’EZLN dove proprietà e lavoro sono gestiti in modo collettivo e dove il popolo comanda e il governo obbedisce.
Il conflitto religioso è una delle strategie del governo per alimentare il razzismo nei confronti delle popolazioni indigene del Chiapas. Gli zapatisti ripetono spesso che i conflitti religiosi sono una invenzione del malgoverno per mettere poveri contro poveri, per manipolare poveri poco coscienti contro chi si ribella e soprattutto contro gli zapatisti che con dignità resistono al neoliberalismo, che con la loro autonomia stanno dimostrando che una alternativa al capitalismo è possibile.