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I genitori dei 43 irrompono in una caserma. “Siamo venuti a cercare i nostri figli”. Un ferito grave

di fronte alla caserma di Iguala

Guerrero 12 gennaio 2014.
Un gruppo di manifestanti, tra i quali anche 20 genitori dei 43 ragazzi scomparsi di Ayotzinapa occuparono il 27esimo battaglione di fanteria nella città di Iguala, nello stato di Guerrero perché sono sicuri che l’esercito messicano gli ha sequestrati e perché il segretario del governo Miguel Ángel Osorio Chong ha cancellato un incontro fissato per lo stesso giorno con i genitori dei ragazzi scomparsi a Città del Messico.
Il risultato fu nove genitori dei normalistas hanno riportato lesioni e molta indignazione, affermano i padri dei ragazzi scomparsi in Iguala.
A notte inoltrata,Celso Gaspar Tecoapa, padre di uno dei 43 , fu colpito da un infarto, come riferì Mario César González, padre di César Manuel González affermando che il padre di Emiliano Alan Gaspar de la Cruz è stato colto da un infarto dopo essere stato colpito dagli uomini in uniforme. L’uomo si trova in un ospedale privato di Tixtla, in quanto i medici del governo federale che arrivarono nello stesso giorno nella scuola rural normal Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa si rifiutarono ad attenderlo.
“ In questo momento gli hanno messo l’ossigeno,ma non sappiamo ancora come sta. Ed uno dei padri colpiti “. Affermò Mario César González verso le ore 20. I medici, aggiunse, arrivarono dopo lo scontro avvenuto a Iguala per occuparsi dei feriti.
“Siamo nove i feriti, io con il naso fratturato, ci sono persone malconce, uno di noi ,invece, ha quasi perso l’occhio ed un altro ha il braccio spaccato, gliel’hanno spaccato con lo scudo, in quanto vi era polizia militare in antisommossa”,raccontò González.
In mattinata, i genitori dei normalistas scomparsi, studenti della Normal di Ayotzinapa ed integranti del Movimento Popular di Guerrero (MPG) protestarono di fronte alle installazioni militari in Acapulco e Iguala. In quest’ultima, le manifestazioni finirono con lo scontro tra civili e militari.
Mario César disse al giornale SinEmbargo che 27 erano i genitori che irruppero nella caserma di Iguala, mentre gli altri si recarono presso la caserma di Acapulco. Erano lì per riprendersi i propri figli con le loro stesse mani, affermò, perché sono sicuri che sono le forze armate a detenerli.
“Vogliamo che ci aprano le porte per cercare i nostri figli, questo è ciò che chiediamo, perché siamo sicuri che loro sono coinvolti nella scomparsa dei nostri ragazzi, sono loro stessi che gli hanno tolto i telefoni. Quando entrammo c’erano moltissimi militari, e ci mandarono anche l’antisommossa ed abbiamo dovuto difenderci” segnalò.
Riguardo all’appuntamento cancellato dal segretario del governo Osario Chong, che si doveva tenere lo stesso giorno, aggiunge, “eravamo pronti per uscire alle 6 di mattina ed un certo Jaime ci dice che il segretario non ci sarebbe stato, e non era presente neanche il procuratore Murillo Karam, cosicché l’incontro sarebbe stato cancellato. È evidente che non ci vogliano ricevere, ed alle ore 15 mentre occupavamo la caserma ci dissero che ci stavano aspettando” asserì il padre di César Manuel.
Nel momento in cui i genitori affermarono pubblicamente di essere in possesso di prove che uniscono i soldati di questo battaglione ai fatti del 26 settembre, alcuni studenti della Normal riuscirono ad aprire le porte del quartier generale, ed in questo momento furono circondati dalla polizia militare per impedire il loro ingresso.
La notizia che circolò era che i manifestanti arrivarono di fronte alle strutture militari e buttarono giù la porta con l’aiuto di un camion, entrarono nella caserma, e cominciarono a tirare pietre ai militari.
Mario César affermò che nonostante le violenze subite, loro continueranno a cercare i propri figli e non smetteranno fino al loro ritrovamento.
“Se loro hanno le armi, a noi non interessa, quello che, invece, ci sta a cuore è la vita dei nostri figli. In questo momento la procura dimostra di non aver tempo per noi e quindi ce li cerchiamo da soli, anche se continueranno a reprimerci”,disse.
Clemente Rodríguez Moreno, padre di Cristian Alfonso Rodríguez, prese parte alla protesta nella caserma di Acapulco ed affermò che l’unica cosa che esigono i genitori dei ragazzi scomparsi, è che le alte cariche istituzionali assumano in prima persona le proprie responsabilità.
“Vogliamo che le alte cariche istituzionali ci mettano la faccia, per esigere la ricerca, con l’aiuto degli stessi militari, ed essi hanno prove evidenti che l’esercito sta nascondendo i 43 ragazzi, ci sono testimoni, ma nessuno sta facendo niente”,disse.
Clemente afferma che l’esercito li aggredisce in qualsiasi manifestazione che realizzano nello stato di Guerrero e che Iguala è il posto peggiore per questi genitori che rivogliono solo i loro figli.
“Provo molta vergogna per il governo che abbiamo, per l’esercito, che dovunque ci vede risponde con la violenza. Uno deve pur difendersi. Nella città di Iguala, dovunque siamo, c’è sempre qualcuno che ci riprende, ci sono molti “falchi”, e tanta violenza qui, più di qualsiasi altra parte. Non so se ricevono denaro, lo sa solo dio”, disse.
Rodríguez Moreno ricordò le promesse che fece il presidente Enrique Peña Nieto il 29 ottobre, quando li ricevette nella residenza de Los Pinos.
Promesse che non mantenne.
“Se non può come presidente, che abbandoni l’incarico. Non vale a niente, come presidente, se non può risolvere il caso della scomparsa dei 43 normalistas e di altre persone”affermò.

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IL GPS DI RAFAEL

Rafael López Catarino, padre di Julio César López, assicurò che tramite una ricerca per mezzo del gps del telefono cellulare di suo figlio, l’ultimo luogo in cui si trovò, fu proprio la caserma del 27 battaglione della fanteria di Iguala. Ed è sicuro che i militari sanno dove si trovano i loro figli.
López Catarino rivelò che uno dei suoi conoscenti interno alla procura di giustizia dello stato (PGR) lo ha aiutato ad investigare il percorso che seguì il cellulare di suo figlio grazie al GPS.
“Ci stanno ingannando e quindi dobbiamo cercarli con le nostre proprie forze ” concluse.

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