di Hermann Bellinghausen
L’ejido chiapaneco di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, questa settimana riprende la battaglia legale che sostiene da più di tre anni in difesa del suo territorio e del diritto all’autodeterminazione comunitaria. Questo lunedì, i rappresentanti della comunità tzeltal si sono recati presso il Consiglio della Magistratura Federale (CJF) e l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, per chiedere la devoluzione di una parte del suo territorio, della quale si sono arbitrariamente impossessate le autorità federali e del Chiapas il 2 febbraio 2011.
Abbiamo presentato un nuovo scritto al presidente del CJF, Juan Silva Meza, affinché garantisca imparzialità e indipendenza nella soluzione del ricorso presentato nel 2011, ha comunicato Ricardo Lagunes Gasca, rappresentante legale degli ejidatarios che accompagna i delegati indigeni. Il 30 gennaio scorso, il giudice settimo di Tuxtla Gutiérrez ha decretato l’archiviazione del ricorso, ritenendo che l’ejidatario autorizzato dalla comunità, Mariano Moreno Guzmán, non avesse i requisiti di Legge per essere rappresentante dell’ejido. D’altra parte, avevano chiesto che si prendesse in considerazione il carattere apocrifo del verbale di assemblea presentato a loro volta dalla Segretaria Generale di Governo chiapaneco e dal commissario ejidale al suo servizio, Francisco Guzmán Jiménez.
Verbale apocrifo
Il giudice lo ha ritenuto però valido stabilendo che l’ejido aveva dato il suo consenso per l’installazione del botteghino unico di ingresso alle cascate di Agua Azul, avallando così che il governo lo gestisse, anche se il documento non presentava le firme degli ejidatarios né la comunicazione della convocazione di assemblea.
Gli ejidatarios aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona avevano presentato appello contro la sentenza n. 118/2013, che è stato risolto il 16 maggio scorso. La decisione di un tribunale in Chiapas, pubblicata il giorno 22, revoca la sentenza del 30 gennaio considerandola illegale ed ordina di “depositare il procedimento affinché si notifichi all’assemblea generale il ricorso presentato da Moreno Guzmán, come avrebbe dovuto avvenire il 4 marzo 2011, e non due anni dopo”.
Gli indigeni, ha dichiarato il loro avvocato, hanno detto al ministro Silva Meza che si aspettano che il caso si risolva in conformità con i diritti dei popoli indigeni e le riforme del 10 giugno 2011; che garantisca che il giudice non decida sul tema solo dalla prospettiva del diritto agrario (più restrittivo e meno protettivo delle norme internazionali) e che si garantiscano i più alti standard di protezione dei diritti dei popoli rispetto a territorio, diritto alla consultazione e consenso libero, previo e informato.
Inoltre, le autorità autonome aderenti alla Sesta hanno inviato una petizione alla Commissione Interamericana de Diritti Umani a Washington, in relazione al saccheggio del loro territorio, alla repressione e criminalizzazione della loro organizzazione da parte del governo del Chiapas.
Intanto, il Movimiento por Justicia del Barrio di New York, il Grupo de Solidaridad con Chiapas del Dorset ed i comitati La Palabra Verdadera ad Alisal e Calcuta, hanno convocato La Settimana di Azione Mondiale a favore di questa lotta, dal 25 giugno al 2 luglio. Puntualizzano che l’iniziativa, appoggiata dagli ejidatarios, è in risposta al selvaggio assassinio di Juan Vázquez Guzmán, dirigente della Sesta a San Sebastián Bachajón, il 24 aprile. Rilevano che le comunità tzeltal sono attaccate dalle forze del capitalismo e dalle imprese transnazionali presenti in ogni angolo del mondo.
Qui ambiscono alle cascate di Agua Azul per trasformarle in una destinazione turistica di lusso, sostengono. Gli ejidatarios, che hanno ereditato queste terre che preservano, sono un ostacolo, e quindi sono oggetto di minacce, aggressioni, detenzioni arbitrarie, sparizioni, arresti, tortura ed attacchi da parte di forze governative e gruppi paramilitari. http://www.jornada.unam.mx/2013/05/28/politica/013n1pol
(Traduzione “Maribel” – Bergamo)