Poco più di un mese è passato da quando ci siamo ritrovati sotto l’ambasciata messicana, con diverse realtà organizzate del movimento romano, a sostenere la carovana composta da un genitore e due compagni dei quarantatrè studenti scomparsi della Normal Rural di Ayotzinapa. Una carovana che ha portato il proprio dolore e la propria rabbia in diversi paesi europei per denunciare ciò che è accaduto la notte del 26 settembre ad Iguala, nello stato di Guerrero, e per puntare il dito contro tutti i livelli di governo dello stato messicano, uno stato dove “ancora non è chiaro dove finiscano le istituzioni e dove inizi il crimine organizzato”, come ci hanno ricordato.
A chi richiede verità e giustizia sui quarantatré desaparecidos il governo del Messico continua a rifiutarsi di dare risposte plausibili e dichiara il caso chiuso arrestando qualche poliziotto, quasi si trattasse di poche mele marce da sostituire. Ma a essere marcio è l’intero apparato politico messicano, a pieno colluso con il narcotraffico, e che continua a portare avanti la solita ricetta mortifera: svendere l’intera nazione agli interessi delle grandi multinazionali nordamericane ed europee (il cui unico scopo è devastare e saccheggiare i territori in nome del profitto, distruggerne il tessuto sociale per poi rielaborarlo secondo le categorie del neoliberismo) e repressione spietata, legale o illegale che sia, per chiunque si ribelli allo stato di cose presenti.
Ora sabato 13 il presidente in carica Enrique Peña Nieto giungerà a Roma per stringere la mano al suo degno compare Matteo Renzi, altro campione nel campo delle liberalizzazioni selvagge e della distruzione nel mondo della pubblica istruzione.
In un Messico che ha visto aumentare vertiginosamente il numero dei desaparecidos negli ultimi dieci anni, siamo ormai a 30.000, e in cui la cosiddetta “guerra” al narcotraffico iniziata da Calderòn non fa che continuare a mietere vittime su vittime tra la popolazione (130,000 morti ammazzati in 9 anni, secondo le stime ufficiali), Peña Nieto viene con la coccarda al collo, spacciandosi per il presidente all’avanguardia di un paese civile e democratico, ad allisciarsi gli alleati europei affinchè continuino ad investire in quell’enorme macelleria a cielo aperto che è il Messico.
Noi non ci caschiamo e continuiamo a denunciare un presidente illegittimo, insediatosi al Palacio Nacional in una giornata di scontri e proteste dilaganti in cui ha perso la vita il compagno Kuy Kendall, un presidente che ha raggiunto il potere grazie a palesi brogli elettorali e che pretende di governare un paese in cui comunque oltre il cinquanta per cento degli aventi diritto pratica l’astensionismo, un presidente che si è reso a suo tempo responsabile della terribile repressione abbattutasi sulla rivolta di San Salvador Atenco nel 2006 quando era governatore nello stato di Città del Messico e che continua tutt’ora a reprimere violentemente le proteste di insegnanti e studenti. Un presidente che appena il 7 giugno 2015 ha aggiunto un altro morto alla sua lista di responsabilità: il giovane professore Antonio Vivar, abbattuto dalla Polizia Federale in Guerrero durante una serie di proteste contro le elezioni.
Grazie alle mobilitazioni degli studenti di Ayotzinapa e dei genitori dei quarantatrè desaparecidos la vera natura dello stato messicano e del governo priista di Peña Nieto appare come perversa anche al di fuori dei confini nazionali; la polizia continua ad attaccare violentemente i cortei e le manifestazioni che richiedono in vita i desaparecidos e la collusione con i narcotrafficanti è sempre più palese.
Assieme a tutti coloro che si battono in Messico e nel mondo contro il sistema neoliberista continuando a costruire l’alternativa in basso e a sinistra, urliamo che Peña Nieto non è il benvenuto, ne qui ne altrove. Continuiamo a urlare a piena voce, con la rabbia per tutti/e i fratelli e le sorelle scomparse:
VIVOS SE LOS LLEVARON, VIVOS LOS QUEREMOS!!!
La Plataforma Internacionalista per l’Autogestione e la Resistenza Tessendo Autonomie (PIRATA):
Collettivo Zapatista di Lugano (Svizzera)
Nodo Solidale (Italia e Messico)
Nomads (Bologna e Berlino)
e attivist* individuali